Sovrani, dignitari, principesse, notabili: nei secoli scorsi, il ritratto costituiva il segno distintivo di uno status sociale, un modo per far affermare la propria identità e la propria potenza, ma anche per mostrare al mondo lo spazio occupato nella Storia. Questa è la premessa da cui nasce la mostra collettiva Ritratti a cura di Irene Finiguerra e visitabile nel BI-BOx Art Space di Biella dal 28 gennaio al 26 marzo 2022. Nell’epoca di Instagram e dei social network, del narcisismo e dei selfie, cosa significa oggi per un artista cimentarsi nella realizzazione di un ritratto? Per indagare questo tema, la mostra riunisce le opere di quattordici artisti, selezionati tra alcuni dei nomi più interessanti del panorama italiano, tra cui Ilaria Margutti, BR1 e Alessandra Calò, altri provenienti da diverse parti del mondo, come l’iraniana Golnaz Mohammadi e il bielorusso Artsiom Parchynski, e altri ancora con un’esperienza di lungo corso, come Luciano Pivotto.
Ogni artista si è confrontato con il tema del ritratto attraverso tecniche diverse, dal disegno alla installazione, dalla fotografia alla pittura, dando vita a un percorso che mette a confronto gli esiti di tante ricerche artistiche ricche di fermento. Gli artisti e le opere. Luigi Leto e Golnaz Mohammadi hanno attinto entrambi dalle foto di famiglia. Ghost Family è una famiglia immaginaria composta da individui provenienti da un passato sconosciuto: sono immagini sbiadite, percorse da un filo rosso che rappresenta i legami sentimentali, la fragilità e i fallimenti delle relazioni umane. In The Lost Extended Moment dell’artista iraniana, ora attiva a Berlino, gli albumi non ricordano solo i giorni passati, ma rappresentano l’aspetto più crudele dei ricordi: l’impossibilità di tornare indietro e rivivere quei momenti.
Anche Alessandra Calò, artista e fotografa che lavora e vive a Reggio Emilia, ha lavorato a partire da materiale fotografico, reinterpretando delle foto d’archivio senza una rievocazione nostalgica del passato, ma proponendo una nuova visione del soggetto rappresentato, spesso giocando sulle trasparenze e sull’uso di luci che ravvivano l’opera. Foto Marvellini interpretano in modo pop i ritratti che arrivano dal passato, come nel caso della maschera di Gianduja ricoperto di tatuaggi o una coppia rappresentata in pieno stile Marvel.
Decisamente pittorici i lavori raffinati dell’artista palermitano Simone Geraci, con i volti delle sue donne assorte, melanconiche, pensose e molto sensuali. Ilaria Margutti è originaria di Modena ma vive e lavora a Sansepolcro. In mostra presenta due ritratti di donna a figura piena che sono un’opera preziosa di disegno, ricamo, tessuto a comporre un lavoro paziente e antico di grande bellezza. Davide Prevosto con una tecnica raffigurativa che ricorda il virtuosismo della pittura olandese del Seicento propone due figure: un uomo e una donna con il volto coperto da scritte che rinviano a ingiurie, battute sessuali, aggressioni verbali. Qui le parole sono un’arma usata per denigrare, per definire una persona inserendola in uno spazio identitario che ne offende e lede la dignità. Il ritratto è anche un’occasione per riflettere sui temi dell’attualità e dell’identità. Elisa Baldissera, torinese, ogni anno trascorre un periodo sull’isola Piana – situata all’estremità sud- occidentale della Sardegna – dove nel XVII secolo aveva sede una delle maggiori tonnare dell’epoca. In mostra raffigura i volti di pescatori i cui corpi e occhi sono attraversati dal passaggio dei pesci, come se il mare fosse entrato nel loro sguardo in modo ossessivo.
Con l’opera Quando il peso di una lacrima e il peso del mondo sono esattamente la stessa cosa Chiara Fucà esprime il dramma interiore di un essere umano, intrappolato nel rifiuto verso una divisa che non è soltanto abito, ma intera condizione di non appartenenza al proprio corpo, rompe gli argini e trabocca lacrime di dorata catarsi e liberazione da un fardello pesante quanto il mondo. BR1 riflette sui fenomeni sociali e politici della nostra epoca, con un interesse rivolto alla decostruzione dei valori eurocentrici e all’egemonia occidentale. Poiché particolarmente interessato alla posizione della donna nella società islamica contemporanea e nell’area euro-mediterranea, ritrae donne velate. Il dibattito sul velo, considerato un simbolo spartiacque tra la cultura occidentale e quella islamica, è un argomento primario nella ricerca dell’artista.
La rappresentazione della figura umana si esprime anche attraverso l’autoritratto, di cui nell’esposizione si trovano diversi esempi. Anna Ippolito si autoritrae giocando tra luce e ombra, due espressioni di un’equazione che ha come incognita il tempo, un valore indefinibile e imprescindibile, che permea il vivente e il non vivente, che condiziona l’essere e lo pone nella dimensione del reale. Artsiom Parchynski si autorappresenta spesso in quelli che non sono semplici autoritratti, ma opere in cui il corpo e il viso diventano l’archetipo della figura umana. Utilizza mezzi e materiali sempre diversi (reti, materiali naturali, fieno, legno, ceramica). Nelle due opere in mostra troviamo una parte realizzata in ceramica bianca, l’esatto calco del suo volto, che ricorda molto le maschere funerarie antiche, mentre sotto alla scultura viene posto un neon industriale che illumina e enfatizza i tratti del volto. In Evenire, Francesca Dondoglio, biellese attiva a Torino, attraverso la fotografia digitale utilziza il proprio corpo per esprimere entro un cerchio blu colpito dalla luce parte della sua immagine e delle mani, il suo più intimo strumento di lavoro.
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