_Sandro Delmastro delle Vedove
_Claudia Pieri
Il 6 gennaio, il Congresso degli Stati Uniti agisce in base alla sua autorità costituzionale per certificare i voti del Collegio Elettorale e determinare chi ha vinto le elezioni del 2020. Dal giorno dopo il voto, ci sono stati numerosi ricorsi contro la rivendicazione di una vittoria da parte di Biden in sei stati importanti – Wisconsin, Michigan, Pennsylvania, Georgia, Arizona e Nevada. In ciascuno di questi Stati, la sera delle elezioni Donald Trump aveva un grande vantaggio che è scomparso improvvisamente quando sono arrivati i totali del voto per posta, insieme ai conteggi tardivi delle città controllate dalle macchine urbane del Partito Democratico.
In questi stati, gli avvocati e gli investigatori di Trump hanno compilato quasi mille dichiarazioni giurate di scrutatori, funzionari elettorali e altri che sostengono di essere stati testimoni di violazioni della legge e di altre irregolarità. Ci sono state anche perizie di esperti informatici, che affermano che il macchinario usato per il voto e il software per lo spoglio dei voti siano “passibili di manomissione”, e di esperti di statistica, che hanno concluso che i voti arrivati dopo la mezzanotte, improvvisamente numerosissimi per Biden e scarsissimi per Trump, erano anomali e poco credibili. Ma finora, tutte le azioni legali intraprese sono state respinte per vari motivi procedurali, per “mancanza o insufficienza di prove” necessarie a ribaltare i risultati finali.
Alla luce di questi sviluppi, i sostenitori di Trump hanno pianificato e realizzato un grande raduno a Capitol Hill il 6 gennaio. Allo stesso tempo, più di 140 membri della Camera ed un senatore contesteranno la lista degli elettori di Biden negli Stati in bilico, il che richiederà ad entrambe le Camere di convocare un’udienza su ciascuno degli Stati contestati per valutare il merito dei ricorsi. Inoltre, un gruppo di undici senatori repubblicani chiederà che venga condotta un’immediata verifica delle accuse da parte dei membri di entrambe le Camere, per poi redigere un rapporto entro dieci giorni. L’altra opzione rimasta a Trump è quella di nominare un inquirente speciale con pieni poteri giudiziari, per esaminare le accuse di brogli come potenziali reati. Pur avendo ipotizzato la possibilità di farlo, finora il Presidente non si è mosso in questa direzione.
La questione è stata sollevata nel corso di un convegno straordinario online promosso da The LaRouche Organization (TLO) il 2 gennaio, che comprendeva presentazioni da parte di parlamentari di tre degli stati in bilico e di scrutatori e funzionari elettorali locali, che hanno riferito ciò che hanno visto. Nel riassumere l’argomentazione sul perché sia urgente la nomina di un inquirente speciale, il portavoce di TLO Harley Schlanger ha osservato che la questione chiave è chi sia stato in grado di montare un così grande volume di irregolarità per ottenere il risultato desiderato. “Ciò richiede un’operazione dall’alto verso il basso”, ha detto, che va ben oltre le capacità del Partito Democratico, quindi le indagini dovrebbero concentrarsi sui tradizionali nemici oligarchici della Repubblica Americana fin dalla sua fondazione. Niente di meno funzionerà.
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